Nel 2018 le indagini preliminari all’installazione del gasdotto TAP, tra la costa albanese e quella italiana, hanno portato all’individuazione di alcuni reperti archeologici, a 22 miglia dalla costa e a una profondità di circa 780 metri. Dopo il recupero, effettuato con un veicolo sottomarino pilotato da remoto, i reperti sono stati trasportati a Taranto nel laboratorio di restauro dell’allora Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Brindisi, Lecce e Taranto, per essere sottoposti ai primi interventi conservativi.
Nel 2020, a seguito dell’istituzione della Soprintendenza nazionale per il patrimonio culturale subacqueo, si è deciso di avviare il restauro e lo studio di tale importante ritrovamento archeologico. Le attività, svolte con il supporto della società TAP, hanno permesso di accertare che il sito sommerso è riferibile al naufragio di una nave databile ai primi decenni del VII secolo a.C. Il carico era costituito da ceramica di manifattura corinzia, in particolare contenitori per il trasporto di derrate alimentari e ceramica fine da mensa. In questa vetrina è esposto il grande pithos con gli skyphoi che viaggiavano impilati e protetti al suo interno.